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66 d.C: 1950 anni fa moriva Petronio Arbitro, maestro di buon gusto alla corte di Nerone, travolto dalla repressione di una congiura alla quale sembra non avesse partecipato. Tradizionalmente si attribuisce a lui il romanzo noto come Satyricon, pervenutoci in forma frammentaria e noto al grande pubblico soprattutto per la geniale (e libera) rilettura di Fellini. Ma cosa narra davvero - e narrava, nelle parti perdute - questo mix di sorprendenti brandelli narrativi, tra i quali spicca qualche porzione più ampia come la celeberrima, scintillante Cena di Trimalchione? Il volume costituisce un rinvio commentato, guidato, alla lettura di quest'opera straordinaria, visionaria e maliziosa, pastiche letterario e satira di costume, in qualche modo antesignana del romanzo moderno. Tra sesso, strani riti, naufragi, risse, speculazioni d'arte, truffe ben congegnate e licantropi, tra ossessivi richiami alla morte e alla forma-labirinto, seguiremo le avventure del protagonista tra una lacuna e l'altra, cercando di cogliere anche in quel silenzio tracce di voci. Come nel caso dell'Asino d'oro e con le stesse parole, il mago Aleister Crowley consiglia il Satyricon ai discepoli come «prezioso per quelli che hanno intelligenza per capirlo»: in spirito necessariamente diverso, il nostro tentativo sarà proprio quello.